Meditazione con Tara Brach
venerdì 21 settembre 2012
Imparare a rispondere invece che reagire
Un elemento chiave per svegliarci dalla trance in cui viviamo e’ quello di fermarci, riconoscere i
nostri sentimenti e aprirci ad uno spazio più grande di quel bozzolo che e’ la nostra mente persa
in pensieri. La nostra tendenza è quella di farci prendere in un ciclo di reattività. Per poter uscire
da questo ciclo, dobbiamo coltivare la capacità di fermarci, riconoscere e aprirci.
Uso spesso la metafora della “seconda freccia” perché la trovo veramente utile. Buddha
raccontò una parabola con questo insegnamento:
"Se vieni colpito da una freccia, ti colpisci poi con un'altra freccia?"
Se guardiamo agli accadimenti delle nostre giornate, quando per esempio soffriamo
fisicamente, o qualcuno ci tratta male, o quando qualcosa di brutto succede alle persone che
amiamo..... questa è la prima freccia. La nostra mente e il nostro corpo entrano allora in un
ciclo di reattività che non aiuta ad eliminare la sofferenza. Addossiamo la colpa agli altri, oppure
incolpiamo noi stessi. Questa è la seconda freccia.
Guarigione dalla sofferenza e libertà vengono dalla “non-proliferazione” dei nostri
pensieri. “Non-proliferazione” significa avere la saggezza di fare una pausa, ritornare nel
presente e fare ricorso alla saggezza e bonta’ intrinseche alla nostra natura. In tal modo, siamo
in grado di rispondere con intelligenza alla sofferenza invece di avere una reazione basata sulla
paura.
Questo processo è simile a cio’ che facciamo nella meditazione: ci fermiamo, riconosciamo
e ci apriamo a cio’ che e’ qui adesso. Per esempio, quando ci diamo addosso per aver
fatto un errore, proviamo a dire a noi stessi: “Okay, fermati un attimo. Cosa sta veramente
accadendo? Posso riconoscere cosa c’e’ qui – uno spazio piu’ grande fatto di suoni, sensazioni
ed emozioni? Riesco ad aprirmi a questa presenza?”
Quando cominciamo a prestare attenzione al momento presente, torniamo a casa, al nostro
cuore che e’ naturalmente saggio. Se la nostra risposta viene da questa presenza, allora stiamo
rispondendo al problema, non reagendo ad esso.
“Hai la pazienza di aspettare che il fango si posi sul fondo e l’acqua diventi limpida? Puoi
rimanere immobile fino a che l’azione giusta si manifesti da se’?” -Tao Te Ching
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giovedì 28 giugno 2012
Flusso e Presenza
Che cosa si
frappone tra noi e la felicità?
Si tratta di un'indagine importante nella nostra vita. Quando sei davvero felice, prova a chiederti il perché. Cosa sta succedendo dentro di te?
Troverai che ci sono due dimensioni.
Una è quella della presenza. Quando sei davvero felice c'è una qualità di “essere
presente” a quello che sta realmente accadendo. La seconda dimensione è quella
della vitalità. E sono totalmente intrecciate. Quando siamo felici sentiamo la
vita che scorre attraverso di noi. Se prestiamo tutta la nostra attenzione
–anima e corpo- alla vita che è qui, percepiamo il senso della presenza o lo
spazio della presenza che è consapevolezza. Quando siamo in quella presenza ci
sentiamo vivi.
Analizziamo questa dinamica. Che cosa è veramente che ci permette di entrare
nel flusso della vita? Che cos'è che ci permette di non essere semplici
spettatori? Così che non
arriviamo alla fine della nostra vita dicendo: “non ho davvero sentito la vita fluire
attraverso questo corpo, cuore e mente; non ho davvero scambiato questo flusso
di energia ed amore con gli altri.” Qui è dove la meditazione svolge un ruolo fondamentale.
Ci sentiamo intuitivamente attratti verso la meditazione proprio perché praticando
la piena consapevolezza ci educhiamo a tornare qui, nel presente, unico luogo
dove felicità, amore e pace sono possibili. In altre parole, la meditazione e’ un
training in presenza.
Questi due aspetti dell’essere presente richiedono da parte nostra l’impegno a “smettere di fare.” Ciò non significa smettere di essere coinvolti in cio’ che succede intorno a noi. Significa solo smettere di correre in avanti con i nostri pensieri ed “essere qui.” Quando siamo nel momento ci apriamo alla vita che è qui. Queste due cose - essere qui e aprirsi alla vita che è qui- non succedono spesso, perché tendiamo ad allontanarci dal presente e preferiamo vivere attraverso la mente.
Questi due aspetti dell’essere presente richiedono da parte nostra l’impegno a “smettere di fare.” Ciò non significa smettere di essere coinvolti in cio’ che succede intorno a noi. Significa solo smettere di correre in avanti con i nostri pensieri ed “essere qui.” Quando siamo nel momento ci apriamo alla vita che è qui. Queste due cose - essere qui e aprirsi alla vita che è qui- non succedono spesso, perché tendiamo ad allontanarci dal presente e preferiamo vivere attraverso la mente.
Tutti noi ci
chiediamo: "Come mai non sento gioia di vivere?" La ragione è perché
non siamo nell’ "essere". Quindi il training consiste nel tornare al
momento presente.
Uno dei motivi per cui abbandoniamo il flusso vitale è il desiderio di controllo. Questo è un fenomeno universale. Essendo ansiosi riguardo alla nostra sopravvivenza, siamo portati naturalmente a cercare di controllare le cose per sentirci rassicurati. E nella maggior parte dei casi, cerchiamo di manovrarle in modo da procurarci più piacere e meno dolore. Spesso succede quando reagiamo a qualcosa, come per esempio nei rapporti con gli altri. Quando siamo con un'altra persona e ci sentiamo ansiosi, il “controllore’ in noi cerca di gestire la situazione in modo compatibile con le nostre aspettative. Di conseguenza, più ci sentiamo insicuri, più il controllore è in azione.
Uno dei motivi per cui abbandoniamo il flusso vitale è il desiderio di controllo. Questo è un fenomeno universale. Essendo ansiosi riguardo alla nostra sopravvivenza, siamo portati naturalmente a cercare di controllare le cose per sentirci rassicurati. E nella maggior parte dei casi, cerchiamo di manovrarle in modo da procurarci più piacere e meno dolore. Spesso succede quando reagiamo a qualcosa, come per esempio nei rapporti con gli altri. Quando siamo con un'altra persona e ci sentiamo ansiosi, il “controllore’ in noi cerca di gestire la situazione in modo compatibile con le nostre aspettative. Di conseguenza, più ci sentiamo insicuri, più il controllore è in azione.
Ora, nella nostra pratica di meditazione, quando ci accorgiamo che abbiamo lasciato
il presente e siamo finiti in un qualche spazio dove regnano ansia e controllo,
facciamo una pausa per notare ciò che sta accadendo e chiederci "che cosa
è questo?" Questo ci permette di tornare alla percezione del nostro corpo
e della nostra vitalità. Questa è la nostra pratica: di tornare a ciò, ogni
volta.
Vi parlo di questo argomento perché quando ci svegliamo dallo stato di trance che ci tiene separati e torniamo al flusso di vitalità, in realta’ torniamo alla presenza che conosce un amore infinito. Un amore che continuerà a emergere in forme diverse. Il tornare a rifugiarsi in questa vitalità - e nel silenzio che ne è la fonte - ci permette di esprimere la nostra naturale capacita’ di amare .
venerdì 1 giugno 2012
Creazione di un “altro irreale”
E' facile rimanere
indifferenti a storie che leggiamo sul giornale, su Internet o vediamo al
telegiornale su persone che soffrono a causa della disoccupazione, della
perdita di persone care, della guerra o di disastri naturali. Sempre più, nel
nostro mondo, abbiamo un senso di “altri irreali." A meno che non ci siamo
risvegliati, non vediamo la persona di cui stiamo leggendo come un essere
reale. Non abbiamo un senso di "colui che guarda con quegli occhi o sente
con quel cuore." L'altro non è reale per noi, e i nostri cuori non provano
una autentica compassione.
Solo quando qualcuno è reale per noi
e percepiamo ciò che sta vivendo, ci apriamo alla nostra naturale generosita’ e
capacita’ di prenderci cura degli altri. In che modo un “altro irreale” puo’
diventare “reale"? Una pratica che puo’ aiutarci nel risveglio è quella di
parlare con persone diverse da noi. Si comincia riconoscendo che dietro le
diverse maschere, la persona che abbiamo di fronte vive le nostre stesse paure
e desideri, lo stesso profondo bisogno di amare ed essere amati. Il mezzo per
riconoscere questo è il vero ascolto. Cosa succede quando c'è una presenza di
ascolto? Quando ascoltiamo veramente, quando c'è quella pura ricettività, diventiamo
presenza che sa amare. E che la si chiami Dio o pura consapevolezza o vera
natura, il confine tra interno ed esterno sparisce. In quella presenza aperta,
l'altro fa parte del nostro cuore, l'altro diventa reale.
venerdì 4 maggio 2012
Tornare a casa
Buddha considerava l’atteggiamento
inquisitivo come capacita’essenziale della ricerca spirituale.
Che cosa e’questo?
C’e’ qualcosa dentro di noi che vuole conoscere la vera natura delle cose…..chi
sono?
Cosa sta succendendo in questo momento?
Che cosa e’ quella presenza
vuota, silenziosa che ascolta ed e’ consapevole?
Cosa succeede quando cominciamo a
farci queste domande?
Diventiamo piu’ presenti. Nel momento in cui dico “Cosa
sta succedendo dentro di me in questo momento?” sono piu’ presente. Questo e’
lo scopo della ricerca. Illumina l’essere presente in questo momento e ci
permette di diventare quella presenza…..di tornare a casa.
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mercoledì 25 aprile 2012
Stress & Meditazione
Questa e’
la storia del mago Harry Houdini che viaggiava per i villaggi d’Europa sfidando i carcerieri locali a legarlo in una camicia di
forza e a chiuderlo a chiave in una cella per vedere se riusciva a liberarsi. E
ogni volta riusciva liberarsi dalla camicia di forza e a fuggire dalla cella,
lasciando cosi’ il suo pubblico a bocca aperta. Ma un giorno, in un piccolo
villaggio irlandese, fece una brutta figura di fronte a un gruppo di persone:
pur riuscendo a liberarsi dalla camicia di forza, non riusci’ ad aprire la
porta della cella, nonostante tutti gli sforzi. Alla fine, la gente del
villaggio se ne ando’delusa. Houdini chiese al carceriere come mai quella
serratura fosse cosi’ difficile. Il carceriere gli rispose: “Era una serratura
normale e siccome sapevo che non c’e’serratura che tu non possa aprire, non
l’ho chiusa a chiave.” In alter parole, Houdini era rimasto chiuso dentro la cella
per tutto il tempo pensando che fosse
stata chiusa a chiave.
La stessa cosa succede a noi.
Viviamo le nostre giornate presupponendo
che ci sia un problema, che ci sia qualcosa di sbagliato che dobbiamo
risolvere. Limitiamo la nostra attenzione a questo problema; ci irrigidiamo; ci
diamo da fare in mille modi; ci stressiamo. Buddha ci ha insegnato che I nostri
pensieri influenzano la nostra mente. E il corpo segue a ruota. Se siamo
preoccupati, il nostro corpo ricevera’ un flusso costante di adrenalina che ci
fara’ sentire agitati e incapaci di star fermi.
Riflettiamo per un momento su quali
sentimenti ci suscitano i notri pensieri. Un senso di gentilezza? Di interesse?
Di possibilita’? O invece un senso di oppressione? Di separazione? Di insoddisfazione? La
scienza ci dice che i neuroni che si attivano insieme tendono a restare legati,
pertanto piu’ abbiamo gli stessi pensieri, piu’ questi provocheranno le stesse
sensazioni.
La meditazione e’ un sistema di
training radicale perche’ ci fa uscire da questo circolo vizioso (o trance). Se
cominciamo a osservare I nostri pensieri, piano piano ci accorgeremo che
abbiamo la possibilita’ di scegliere come vogliamo reagire ad essi. Il
messaggio e’: NON CREDERE AI TUOI PENSIERI! Altrimenti, ci ritroveremo proprio
come Houdini a gingillarci con la serratura e a chiuderci dentro la cella da
soli.
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